giovedì 12 aprile 2012

Serve una vera riforma del mercato del lavoro

di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
giovedì 12 aprile 2012

La bozza di riforma del mercato del lavoro proposta dal governo Monti, trasmessa nei giorni scorsi al Senato per l’inizio dell’iter parlamentare, oltre che sul tavolo istituzionale dei componenti della commissione lavoro di Palazzo Madama, sta passando anche su altri tavoli (extraparlamentari), ed è oggetto di frenetiche trattative tra lo stesso governo, le parti sociali e i partiti.

Tutti hanno una richiesta da fare e nessuno, almeno al momento, è disposto a fare un passo indietro. Per capire bene qual è la situazione e quale potrebbe essere lo sbocco di queste trattative, bisogna analizzare la posizione dei soggetti in campo: governo, sindacati, confindustria, partiti. Il governo, cui va comunque dato atto di aver definito una bozza di riforma abbastanza innovativa su un tema non certo facile come quello della riforma del mercato del lavoro, ha già fatto un mezzo passo indietro sui licenziamenti individuali per motivi economici, laddove ha reintrodotto la possibilità per il giudice, a certe condizioni, di disporre il reintegro del lavoratore. A tutto questo, va aggiunta la questione fondamentale della flessibilità in entrata poiché il testo arrivato al Senato è fortemente carente su questo punto. I sindacati, da parte loro, scenderanno in piazza venerdì 13 per denunciare la questione degli esodati e per chiedere una soluzione sulle ricongiunzioni onerose. La Cgil, inoltre, ha evidenziato anche il problema della modifica della normativa sui licenziamenti individuali.

In pratica il mezzo passo indietro del Governo non gli sta bene e chiede il ripristino integrale della vecchia formulazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Il segretario della Fiom, Maurizio Landini ha già posto dei paletti ben precisi a tal riguardo e, ammonendo senza mezzi termini la Camusso, ha già dichiarato che sull’articolo 18 la Fiom farà da sola nel caso in cui la Cgil dovesse piegarsi. La Fiom non ha intenzione di fermarsi, ha detto Landini, aggiungendo che servono tutte le iniziative, compreso lo sciopero generale, e che non si esclude alcuno strumento per ripristinare l'articolo 18, compreso il referendum.

La Confindustria, come dimostrano le uscite pubbliche del presidente Emma Marcegaglia, ha mosso ampie critiche al governo sul tema della poca flessibilità in entrata e sul passo indietro in materia di licenziamenti individuali per motivi economici. In pratica è stato fatto presente all’esecutivo che un mercato del lavoro poco flessibile sia in entrata sia in uscita, anche alla luce dell’eccessiva burocratizzazione del sistema italiano e di una congiuntura economica internazionale non certo favorevole, non avrebbe certamente effetti positivi sul sistema occupazionale nazionale. I numeri forniti dall’Istat sono chiari e, come dimostrano, sia i dati congiunturali sia quelli tendenziali, il tasso di disoccupazione è in costante e preoccupante aumento.

La pozione dei partiti maggiori, Pdl e Pd, merita un discorso a parte. Bersani ha il problema di mantenere i rapporti integri con la Cgil e, fatti alla mano, ha dimostrato che non ha alcuna intenzione di recidere il filo rosso che lega il suo partito al sindacato guidato da Susanna Camusso. Il problema è che se la Cgil decidesse di cavalcare le idee regrediste che arrivano dalla pancia del movimento (Fiom su tutte), in materia di licenziamenti e di flessibilità in entrata, si scatenerebbe un effetto domino che paralizzerebbe il Pd e porrebbe seri problemi al percorso parlamentare della riforma del mercato del lavoro.

Angelino Alfano, invece, ha scelto responsabilmente la strada del dialogo con tutti quelli che hanno a cuore la modernizzazione di questo Paese e sta definendo un pacchetto di modifiche da portare in Parlamento. L’obiettivo dichiarato dal segretario del Pdl è quello di migliorare il provvedimento del governo soprattutto sul tema delle assunzioni, agevolando la flessibilità in entrata, in modo da perseguire politiche che contrastino in modo efficace il problema dell’aumento del tasso di disoccupazione, con particolare riguardo a quello dei giovani, e dei bassi livelli di occupazione delle donne (i due elementi storicamente negativi del mercato italiano). Alla luce di quanto detto, quindi, il percorso parlamentare del provvedimento relativo alla riforma del mercato del lavoro rischia di essere abbastanza accidentato. Le varianti sono essenzialmente tre e sono tutte importanti: la volontà del Governo di rischiare una sorta di passaggio sotto le forche caudine nel caso arrivassero proposte di modifica irricevibili (come quelle della Fiom); l’effetto domino derivante dall’esito del confronto interno alla Cgil tra Susanna Camusso e Maurizio Landini; un possibile accordo in Parlamento su alcune modifiche qualificanti proposte dal Pdl per modernizzare il mercato del lavoro sul tema delle assunzioni e il contrasto al fenomeno della disoccupazione.

Nessun commento:

Google