martedì 21 febbraio 2012

Quanto è difficile riformare il mercato del lavoro

di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
martedì 21 febbraio 2012

Il tema del lavoro è «molto importante» e anche per questo «il governo molto impegnato». Lo ha detto il ministro Corrado Passera in un videomessaggio inviato al convegno di Federmeccanica in corso a Firenze, dove ha spiegato che l'esecutivo «conta di far fare una serie di passi molto importanti al Paese».
Nei giorni scorsi il premier Mario Monti aveva affermato, inoltre, che entro la fine di marzo il Governo presenterà in Parlamento un provvedimento con o senza l'accordo delle parti sociali. E’ certo che riformare il mercato del lavoro e il sistema degli ammortizzatori in Italia è un’impresa ciclopica per qualsiasi governo. I motivi sono tanti: una parte del mondo sindacale e politico si trova su posizioni retrograde e ci sono sacche di privilegio e chi trae profitto da questa situazione, oltre ad essere ben organizzato e rappresentato, non ne vuole sapere di mollare l’osso. E' facile scaricare i costi sociali sui giovani e le donne e le lobby piccole e grandi si oppongono a qualsiasi modifica strutturale che apra il mercato alla concorrenza e altro ancora.

Insomma mettere mano all’impianto delle norme in materia non è certamente un esercizio da poco anche perché le modifiche dovranno riguardare sia le politiche attive per il lavoro sia l’attuale assetto degli ammortizzatori sociali. E’ evidente che queste due riforme dovranno per forza di cose andare di pari passo se vogliamo avere un sistema moderno in grado di offrire più opportunità di lavoro a chi oggi ne ha poche, giovani e donne in primis, e al contempo garantire un efficiente sistema di protezione sociale capace di tutelare tutti senza spreco di denaro pubblico.

Partiamo dal presupposto che oggi praticamente tutti nel mondo delle istituzioni, del sindacato, delle imprese, delle professioni sono concordi a parole e pubblicamente nel voler raggiungere questi obiettivi: più opportunità di lavoro e più tutele. E’ un buon inizio. Il problema è declinare queste lodevoli intenzioni in proposte articolate e, in seguito, in norme.

Guardiamo al dibattito sul mercato del lavoro.
Tanto per essere chiari: l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, così come è, è un ostacolo al raggiungimento di questo obiettivo? Secondo molti si perché la cosiddetta tutela reale, che tra l’altro si applica solo ad una cerchia di lavoratori, è anti-economica perché in questa fattispecie non si ha un'interruzione né del rapporto di lavoro né di quello assicurativo e previdenziale, così che al lavoratore spettano i contributi anche per il periodo tra il licenziamento e la reintegrazione e il datore di lavoro non ha alcuna facoltà di scelta (con la riassunzione prevista dalla tutela obbligatoria, invece, al lavoratore non spetta alcun emolumento per il periodo intercorso tra il licenziamento e il rientro in azienda e si instaura un nuovo rapporto di lavoro). Per non parlare del sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro, dove oggi il mezzo migliore resta il passaparola, e i fenomeni di precariato.
Ben venga la valorizzazione dell’apprendistato, che con la riforma voluta dall’ex ministro Sacconi è diventato un contratto a tempo indeterminato (dopo la scadenza del termine previsto dalla legge, infatti, il rapporto continua se le parti non decidono espressamente in modo diverso), i controlli sulle partite iva con monocommitente e la volontà di rendere più onerose alcune tipologie contrattuali a termine.

Altra questione delicata sono gli ammortizzatori sociali. Sappiamo tutti che oggi ci sono iper-tutelati e persone che, invece, di tutele ne hanno poche o nulla. Sappiamo anche che certe volte alcuni strumenti di protezione sociale, come la cassa integrazione, sono usati in modo improprio per scaricare sulla collettività i costi sociali delle delocalizzazioni o delle cessioni dei rami d’azienda. Si tratta, infatti, di un vero e proprio spreco di denaro pubblico al pari dei sussidi elargiti anche in mancanza di un serio processo di formazione e riqualificazione e alla ricerca attiva di un posto di lavoro.
In questi giorni si parla dell'ipotesi di revisione dell'attuale sistema della cassa integrazione straordinaria e il superamento della cassa in deroga e l’introduzione di una indennità di disoccupazione involontaria, un sussidio unico che sostituirebbe la disoccupazione ordinaria, speciale, con requisiti ridotti ed anche la mobilità. Il punto è che qualsiasi riforma dovrà mettere al centro del sistema la persona e non il posto di lavoro che occupava. Bisogna aiutare chi perde il lavoro a ricollocarsi nel mercato senza lasciare nessuno in mezzo ad una strada e farlo cercando di non sprecare i soldi per la collettività perseguendo duramente gli abusi.

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