mercoledì 20 aprile 2011

Lavori manuali. Pochi giovani italiani e molti stranieri



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
mercoledì 20 aprile 2011

Secondo una recente indagine del Censis, con 8 milioni e 357 mila addetti nel 2010, il lavoro manuale continua a rappresentare uno dei pilastri del nostro mercato del lavoro, interessando ben il 36,6% degli occupati del Paese. Si tratta di un universo complesso di mestieri, all'interno del quale si trovano artigiani e operai specializzati (4 milioni e 264 mila occupati), addetti agli impianti (1 milione e 798 mila) e lavoratori a bassa o nulla qualificazione (2 milioni e 295 mila). Tra i lavori più diffusi vi sono gli addetti alle pulizie (969.580), muratori, carpentieri e ponteggiatori (705.126), autisti e camionisti (588.262), meccanici, gommisti e carrozzieri (511.636), piastrellisti, idraulici ed elettricisti (472.435), operai agricoli specializzati (354.325).

La ricerca rivela alcuni dati molto interessati sul progressivo abbandono, da parte dei lavoratori italiani, di queste professioni, e sulla conseguente sostituzione con i lavoratori stranieri. Tra il 2005 e il 2010, infatti, a fronte di un crollo del numero dei lavoratori italiani occupati nei lavori manuali (-847 mila, con un decremento dell'11,1%), sono aumentati quelli stranieri (+718 mila, con una crescita dell'84,5%). Il tasso di incidenza degli stranieri in questo tipo di lavoro è passato, negli ultimi cinque anni, dal 10% al 18,8%, raggiungendo quota 52% tra gli addetti ai servizi di pulizia, il 32% tra gli addetti del settore edile, il 30% tra le figure non qualificate che lavorano nel turismo.

Altro rilievo molto interessante: si tratta di mestieri che non attirano i giovani, dato che la presenza degli under 35, sempre tra il 2005 e il 2010, è passata dal 34,3% al 27,6%, mentre, al contrario, è cresciuta quella degli over 45, balzati dal 34,2% al 40,2%.

Il dato ancora più rilevante, in un momento in cui la crisi economica sta riversando i suoi effetti negativi anche sul mercato del lavoro, è che questi mestieri non hanno avuto alcuna flessione. Infatti, secondo le previsioni delle assunzioni delle aziende, il 43,1% di quelle programmate per il 2010 (238 mila nuovi posti di lavoro) avrebbe interessato proprio questo tipo di lavoratori, e in particolare gli addetti ai servizi di pulizia (su 100 previsioni di assunzione, 8 sono destinate a tali figure), muratori (5%), conduttori di camion e macchine (2,6%). E non solo questi lavori non conoscono crisi, ma c'è una seria difficoltà da parte delle aziende a trovare le figure necessarie: sono più di 60 mila, infatti, i posti di lavoro che rischiano di restare vacanti, perché le aziende non trovano persone disposte a svolgere tali lavori o per la scarsa preparazione di quelle individuate. Circa 36 mila riguardano operai specializzati, e in particolare muratori in pietra (6.505 posti), meccanici (3.596), elettricisti (3.408), idraulici (2.469), meccanici e montatori di macchinari (2.330); altri 15 mila i conduttori di impianti, soprattutto camionisti (2.753) e conduttori di macchine per il movimento terra (1.769); e 9 mila lavori non qualificati, tra cui soprattutto personale per le pulizie (4.596).

Questo vuol dire che molti stranieri stanno occupando posti di lavoro che i giovani italiani rifiutano di coprire, nonostante uno sbandierato tasso di disoccupazione, nella fascia tra i 15 e i 24 anni, intorno al 30%. Eppure molti giovani, magari tutti quelli che vivacchiano senza successo nelle nostre università, sia per lo scarso appeal del lavoro manuale sia per l'inadeguata preparazione, non vogliono o non riescono a cogliere queste opportunità. Senza arrivare a scomodare Don Bosco, che parlava di ragazzi che hanno l'intelligenza nelle mani, molti giovani dovrebbero capire che oggi un operaio specializzato, un elettricista, un idraulico guadagna molto di più di un operatore di call center o di un impiegato, e che lasciarsi sfuggire certe opportunità, magari continuando a rimanere parcheggiati a tempo indeterminato in qualche ateneo, significa non guardare in faccia la realtà e rimandare l'obiettivo della tanto sospirata indipendenza economica.

L'altra faccia della medaglia di questa situazione è la mancanza di un sistema formativo adeguato, che calibri le conoscenze e i saperi con le reali richieste del mercato. Questo è un problema cui si dovrà porre rimedio il prima possibile, perché il cosiddetto disallineamento tra domanda e offerta di lavoro è un lusso che, soprattutto di questi tempi, non possiamo davvero più permetterci.

FONTE

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