venerdì 8 aprile 2011

Immigrazione. Ah, les français!



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
venerdì 08 aprile 2011

C'è tensione tra Italia e Francia dopo le dichiarazioni di Claude Gueant, ministro dell'Interno del governo transalpino, il quale ha affermato che «i permessi di soggiorno temporanei italiani dati agli immigrati per motivi umanitari non escludono la possibilità che i migranti stessi siano respinti dalla Francia e rinviati in Italia». Non solo: «Per il governo francese - ha sottolineato Gueant - sono necessari documenti di identità e, soprattutto, una giustificazione di risorse». Cioè soldi a sufficienza (quantificati in almeno 65 euro al giorno) per essere autonomi sul territorio francese.

E' ovvio che i francesi stiano cercando di metterci i bastoni tra le ruote, stravolgendo addirittura l'accordo di Schengen sulla libera circolazione di cittadini dei Paesi terzi. La posizione della Francia vuole chiaramente colpire l'idea italiana secondo cui, con un permesso di soggiorno provvisorio, i tunisini avrebbero lasciato celermente la Penisola per dirigersi altrove, a iniziare dalla Francia, in cerca di ricongiungimenti famigliari.

Tuttavia, nonostante la tensione, l'incontro avvenuto a Milano tra il ministro Maroni e il suo omologo transalpino ha prodotto comunque un importante accordo tra Italia e Francia. Esso prevede iniziative comuni per bloccare le partenze dei clandestini dalla Tunisia attraverso un pattugliamento congiunto navale ed aereo. Nell'intesa sono previsti anche programmi di rimpatrio con il sostegno dell'Unione Europea. Restano, però, posizioni distanti sulla normativa di Schengen sulla libera circolazione delle persone. Il ministro francese ha affermato, infatti, che «i permessi temporanei di soggiorno rilasciati dal governo italiano aprono la possibilità di libera circolazione, ma nel rispetto dell'articolo 5 che prevede il possesso di risorse finanziarie e documenti».

L'accordo di Schengen è stato fatto prima di tutto per garantire la libera circolazione dei cittadini degli Stati membri e poi, di rimando, anche per i cittadini di Paesi terzi titolari di un visto uniforme, entrati regolarmente nel territorio di una delle parti contraenti. Non è un caso che proprio la libera circolazione di questi ultimi sia garantita solo a certe condizioni (essere in possesso di un documento o di documenti validi che consentano di attraversare la frontiera, quali determinati dal comitato esecutivo; essere in possesso di un visto valido, se richiesto; esibire, se necessario, i documenti che giustificano lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto e disporre dei mezzi di sussistenza sufficienti, sia per la durata prevista del soggiorno, sia per il ritorno nel Paese di provenienza o per il transito verso un terzo Stato nel quale la sua ammissione è garantita, ovvero essere in grado di ottenere legalmente detti mezzi; non essere segnalato ai fini della non ammissione; non essere considerato pericoloso per l'ordine pubblico, la sicurezza nazionale o le relazioni internazionali di una delle parti contraenti.).

Si vuole giustamente evitare che l'Europa diventi terra di conquista. E fin qui tutto bene. Il problema è che, secondo l'interpretazione francese, per attraversare le frontiere i tunisini con permesso provvisorio di soggiorno italiano dovrebbero poter esibire anche un passaporto valido rilasciato dalle loro autorità nazionali e non certo un documento d'identità delle autorità italiane. Si tratta di una precisazione puntigliosa, non presente all'interno del trattato. Schengen fornisce, infatti, solamente un quadro giuridico, ma è chiaro che debba esserci un coordinamento politico fra gli Stati membri sull'interpretazione delle norme applicative della convenzione ed è su questo punto che i francesi cercano di fare i furbi, sollevando cavilli impropri pur di non prendersi in casa gli stranieri arrivati in Italia.

Tuttavia è fin troppo ovvio che né la Francia né l'Italia possono accogliere tutte le persone provenienti dall'Africa e che è necessario arrivare quanto prima alla suddivisione degli oneri sull'accoglienza a livello comunitario ed a predisporre un piano politico per evitare l'invasione del vecchio Continente.

Lunedì prossimo, comunque, nell'ambito del Consiglio dei ministri dell'Europa, secondo quanto riferito dal ministro Maroni, l'Italia chiederà l'attivazione della direttiva 55 del 2001 che stabilisce forme di protezione internazionale diverse rispetto alla protezione dell'asilo e che consentirebbe ad ogni Stato dell'Unione, eventualmente disponibile, di accogliere una quota dei migranti anche dopo il loro ingresso in Italia. L'art. 25 della direttiva è chiaro e recita che «gli Stati membri accolgono con spirito di solidarietà comunitaria le persone ammissibili alla protezione temporanea. Essi indicano la loro capacità d'accoglienza in termini numerici o generali. Queste indicazioni sono inserite nella decisione del Consiglio di cui all'articolo 5. Dopo l'adozione di tale decisione, gli Stati membri possono indicare le eventuali capacità di accoglienza aggiuntive mediante comunicazione rivolta al Consiglio ed alla Commissione. Tali indicazioni vengono rapidamente comunicate all'Unhcr». Ora bisognerà valutare, al netto delle chiacchiere, se questa solidarietà concreta degli Stati europei scatterà o meno, e se l'Unhcr (l'agenzia Onu per i rifugiati) denuncerà con forza e pubblicamente gli atteggiamenti di chi si mostrerà ondivago davanti ai propri obblighi di solidarietà.

FONTE

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