lunedì 27 ottobre 2008

Sì al lavoro qualificato, no allo sfruttamento dei clandestini



di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it

Possono arrivare fino a 10.000 dollari le «tariffe» per il trasporto in Italia degli immigrati clandestini da parte delle organizzazioni criminali. A fornire le cifre è stato il sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, nel corso del convegno Le schiavitù del XXI secolo: tratta degli esseri umani e lavoro forzato, organizzato dall'Unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo. «Solo nell'ultimo tratto, cioè tra il Nord Africa e le coste europee, ad esempio Lampedusa, le tariffe - ha detto Mantovano - si aggirano sui 1.000-1.200 dollari. Dalla Cina si arriva a 8.000, 10.000 dollari». Un imponente giro d'affari, col quale le organizzazioni criminali sfruttano i clandestini, «spesso costretti al lavoro nero, alla prostituzione o all'accattonaggio solo per ripagarsi il debito contratto». «E' un dato acquisito - ha aggiunto il sottosegretario - il collegamento tra la tratta di esseri umani e i flussi di clandestini: i confini sono labili». E in un quadro di lotta a questi fenomeni, anche le ordinanze dei sindaci in tema di sicurezza, se «non sono la bacchetta magica, rappresentano un tassello non secondario, un contributo non privo di risultati concreti, perché impongono agli sfruttatori di cambiare strategia». E' proprio questo il punto. Non ci sono bacchette magiche ed occorrono azioni di buon senso che siano di lungo respiro.

Se c'è immigrazione clandestina vuol dire anche che vi sono una domanda ed una offerta di lavoro nero relativo alle basse qualifiche professionali. Gli immigrati non possono essere visti solo come manodopera a basso costo, utile soltanto per alcuni datori di lavoro senza scrupoli, che se ne servono per rimanere competitivi sul mercato globale e che si disinteressano totalmente dei costi sociali di questa operazione - costi che si riversano sugli stessi immigrati, ma anche sui cittadini. Questa via non può essere perseguita, oltre che per questioni di carattere umano, anche perché essa impoverisce il tessuto produttivo del paese, che invece dovrebbe puntare con decisione sull'innovazione tecnologica e la formazione professionale. Nel nostro paese dobbiamo creare le condizioni per uno sviluppo produttivo sostenibile nel lungo periodo e non riprodurre entro i nostri confini delle enclavi di sfruttamento del lavoro nero che certo non fanno parte del bagaglio culturale di un paese civile. Il governo, sia con il pacchetto sicurezza che con gli interventi per liberare il mercato del lavoro dall'opprimente burocrazia, s'è adoperato in maniera concreta, dimostrando di voler percorrere la strada dello sviluppo virtuoso del nostro sistema produttivo.

Ma anche dall'Europa arrivano notizie positive, che fanno ben sperare per il futuro. I rappresentanti permanenti dei ventisette Stati membri dell'Unione Europea hanno trovato un'intesa sulla blue card, quella che nelle intenzioni della Commissione Ue dovrebbe essere la risposta alla green card Usa per attirare lavoratori stranieri altamente qualificati nel Vecchio Continente. La direttiva dovrebbe avere il via libera finale nella riunione dei ministri degli Interni Ue di novembre.

Il segnale che viene dal governo e dall'Europa è molto positivo: c'è l'intenzione politica di voler intraprendere la via del lavoro qualificato come strumento per rispondere alle sfide dettate dal mercato globale in tema di competitività, anziché quella dello sfruttamento della manodopera a basso costo (e spesso e volentieri in nero) dei cittadini-lavoratori e degli extracomunitari. Il lavoro qualificato rappresenta il modello ideale per aumentare la produttività dei lavoratori, perché punta sullo sviluppo delle capacità professionali, attraverso il continuo aggiornamento delle proprie conoscenze, su un giusto salario, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, su una corretta informazione dei lavoratori sui pericoli del proprio impiego.

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