martedì 13 marzo 2012

Le ipotesi di riforma del mercato del lavoro


di Antonio Maglietta
maglietta@ragionpolitica.it
martedì 13 marzo 2012

In questi giorni prosegue il dialogo tra il Governo e le parti sociali per arrivare in tempi piuttosto brevi a una riforma complessiva del mercato del lavoro. Il dibattito ruota intorno a quattro questioni fondamentali: le tipologie contrattuali, modifica al sistema degli ammortizzatori sociali, un’assicurazione sociale per l’impiego al posto delle varie indennità e riforma dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori in tema di licenziamenti individuali.

Riordino delle tipologie contrattuali. La via scelta, peraltro condivisibile perché sarebbe un’ipotesi concreta di contrasto alla precarietà, è quella di far costare di più il lavoro a termine (ci sarà un'aliquota dell'1,4%) e di puntare sulla piena applicazione del nuovo contratto di apprendistato, introdotto nel nostro ordinamento su proposta del ministro Sacconi durante l’ultimo governo Berlusconi, attraverso una serie di incentivi (per i primi tre anni non si pagheranno contributi o se ne pagheranno pochi a seconda delle dimensioni dell'azienda). Un contratto, quest’ultimo, che prevede un primo passaggio temporale dedicato alla formazione certificata del lavoratore e un secondo dove l'azienda deciderà se stipulare un contratto a tempo indeterminato oppure se terminare il rapporto di lavoro (in caso di silenzio delle parti, il contratto diventa automaticamente a tempo indeterminato).

Modifica degli ammortizzatori sociali. Dovrebbe rimanere la cassa integrazione ordinaria così come la conosciamo. Per quanto riguarda la cassa integrazione straordinaria dovrebbe essere limitata alle aziende che si devono ristrutturare, mentre in caso di chiusura non dovrebbe essere previsto alcuno scivolo o mobilità, ma un assegno di disoccupazione (nel caso in cui il lavoratore non accettasse l'impiego offerto dalle agenzie di collocamento rischierebbe di perderlo). Anche in questo caso l’ipotesi di modifica dell’attuale assetto è abbastanza condivisibile, anche se andrebbe rivista l’idea di mantenere in piedi la cassa integrazione per evitare che sia usata impropriamente per scaricare sulla collettività i costi sociali delle delocalizzazioni o delle cessioni dei rami d’azienda. Sarebbe bene mettere alcuni paletti ben precisi per fare in modo che l’unico soggetto tutelato sia il lavoratore e non gli interessi speculativi di alcuni (pochi per fortuna) datori di lavoro che sembrano essere poco propensi a fare i veri industriali.

Un’assicurazione sociale per l’impiego che sostituisca le varie indennità per tutti i lavoratori, sia pubblici che privati, con contratto a termine. Si tratta certamente di un’ipotesi di riforma apprezzabile perché allungherebbe la coperta della protezione sociale a chi oggi non ne usufruisce anche perché è inutile girare intorno al problema senza centrarlo: il punto fondamentale è rendere universali i sistemi di protezione sociale evitando il rischio di creare fratture tra chi ha tutte le garanzie e chi non ne ha.

Modifica dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori. Il tema dei licenziamenti individuali è sempre una questione particolare da affrontare. Forse si tratta del punto più difficile sul quale trovare un accordo. Indipendentemente dalle varie posizioni in campo, una base di discussione potrebbe essere quella di capire se oggi l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori è utile per tutti o solo per qualcuno e se davvero questa norma tutela gli interessi dei lavoratori. La risposta è assolutamente «no» in entrambi i casi, anche al netto della considerazione sull’anti-economicità perché in questa fattispecie non si ha un'interruzione né del rapporto di lavoro né di quello assicurativo e previdenziale, così che al lavoratore spettano i contributi anche per il periodo tra il licenziamento e la reintegrazione e il datore di lavoro non ha alcuna facoltà di scelta (con la riassunzione prevista dalla tutela obbligatoria, invece, al lavoratore non spetta alcun emolumento per il periodo intercorso tra il licenziamento e il rientro in azienda e si instaura un nuovo rapporto di lavoro). Un’ipotesi di modifica percorribile potrebbe essere quella di ricorrere a un indennizzo economico proporzionale all'anzianità di servizio nei casi di licenziamenti per motivi economici e disciplinari in sostituzione del reintegro.

Il dialogo tra Governo e parti sociali su questi quattro punti fondamentali sembra essere a un buon punto. Restano tuttavia aperti alcuni fronti non certamente secondari come, ad esempio, la posizione della Cgil sui licenziamenti individuali, la copertura economica della riforma, le iniziative di carattere strutturale per rilanciare l’occupazione femminile.

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